Lavoro

mercoledì 3 agosto 2022

Lavoro, Giurisprudenza

FALSO PART-TIME: REATO DI SFRUTTAMENTO DEL LAVORO

La Corte di Cassazione condanna fermamente il finto lavoro part time dichiarato dal datore di lavoro, che poi impiega il dipendente a tempo pieno: è sfruttamento lavorativo. 

Si tratta di un reato disciplinato all'art. 603-bis del codice penale, che espone due ipotesi: quella di intermediazione illecita, data da chiunque assuma manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizione di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; quella di impiegare, dare da chi utilizza, assumere o impiegare, anche tramite attività d'intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno (sentenza n. 24388/2022).

Nella citata (allegata al presente articolo) la Cassazionesce le condizioni che il reato di sfruttamento del lavoro ribadisce e intermediazione illecita di manodopera punito dall'art 603 bis del Codice Penale. Tra queste occupare anche il caso della stipula di contratti a tempo parziale che nascondono invece attività a pieno del lavoratore " salvo che il fatto costituisca più grave reato , punisce " chiunque svolga una attività organizzata di intermediazione reclutando manodopera o caratterizzandone l'attività lavorativa da sfruttamento, mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori.." 

Il caso giunto all'attenzion e della Suprema corte riguardava il legale e l'amministratore di fatto di un'azienda citati in giudizio per avere imposto una modifica unilaterale del contratto di lavoro, che passava da ful time a part time con retribuzione diminuita. Tuttavia, i dipendenti:

  • continuavano a lavorare per un numero di ore corrispondenti al contratto a tempo pieno, percependo la retribuzione prevista dal CCNL relativa ai contratti part-time.
  • i lavoratori non usufruivano delle ferie, ddei giorni di assenza e permesso previsti dalla contrattazione collettiva, 
  • lavoravano per un numero di ore pari a 48 ore settimanali in alta stagione.  

Il tribunale di merito aveva quindi concluso, sulla base delle dichiaraizoni e dalla verifica dei prospetti dei lavoratori turni e delle buste paga, che gli indagati si procurarono un ingiusto profitto rappresentato dalle retribuzioni non corrisposte (quantificato in euro 186.512,30 ) ed disposto il sequestro preventivo per conto somma .

La sentenza dei supremi giudici , in particolare, inizialmente come infondati i motivi di ricorso legati al fatto che le assunzioni erano avvenute prima della entrata in delle norme e che si erano realizzate attraverso un soggetto terzo in quanto ciò non incide sulla responsabiità dei datori di effettivi.

Inoltre gli ermellini condividono  la valutazione del tribunale sul fatto che  "le dipendenti si erano viste costrette ad accettare le condizioni imposte per la necessità di mantenere un'occupazione, non esistendo, nel contesto in cui è maturata la vicenda, possibili reali alternative di lavoro".

La corte di cassazione  riafferma cosi il  principio per cui  ai fini dell'integrazione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, lo  stato di bisogno non va inteso come uno stato di necessità tale da annientare in  modo assoluto qualunque libertà di scelta, bensì come una situazione di grave  difficoltà, anche temporanea, tale da limitare la volontà della vittima e da indurla  ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose .

Su queste basi dunque l'istanza di cassazone è respinta.

  1. La prima  riguardante l’“intermediazione illecita” si realizza quando qualcuno “recluti” manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizione di sfruttamento 
  2. La seconda  punisce  appunto lo “sfruttamento lavorativo” direttamente da parte dei datori di lavoro anche, ma non solo,  in conseguenza all'intermediazione illecita .

Le condizioni  che costituiscono  di questo reato di particolare gravità, sono, per l'Ispettorato del Lavoro

  • la reiterata corresponsione di retribuzioni  sproporzionate rispetto al  lavoro prestato;
  • la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; 
  • le irregolarità in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, 
  • condizioni di lavoro di sorveglianza o di alloggio inadeguato .

Documenti utili:
cassazione-24388-2022.pdf

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